FRENESIA

  • By daniele
  • Mar 15th, 2020
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  • Marzo 15, 2020


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    SETTIMANA 02

    9– 15 marzo 2020

    Mi sono immersa nell’autoformazione.

    Tutti i giorni per due o tre ore al giorno ho seguito webinar sulla didattica on line. Questa full-immersion è stata utile per avere suggerimenti, darmi un ritmo giornaliero e settimanale (spesso perdo la cognizione del tempo  ma anche per tenere la mente occupata e non permettere alla preoccupazione di prendere il sopravvento.

    Il mio primo pensiero è di tipo organizzativo: come gestire 12 classi? Ne avevo 6 ma a gennaio la dirigente ha pensato di darmene 12 (tralascio i commenti su questa scellerata decisione). Decido di raggruppare le 3 classi F e la classe del PF (4 classi), i minori del mattino e del pomeriggio (2 classi) e tutti gli E ed Eb (6 classi).

    Comincio a ragionare per macrogruppi chiedendomi, anche a seconda del livello scolastico, quali argomenti trattare, ma soprattutto come trattarli.

    Mi è chiaro fin da subito che non si può usare uno schema organizzativo che rispecchi la didattica “dal vivo”. Bisognerebbe prendersi cura di una, due o al massimo tre classi sovvertendo, per certi versi, la parcellizzazione delle discipline. Ma le miei sono riflessioni che cadono nel vuoto.

    Nel doppio ruolo di genitore e insegnante mi è chiaro (prima che ad altri insegnanti del cpia) che gli studenti e le studentesse devono ricevere informazioni da un unico canale e possibilmente da una o due figure di riferimento. Ricevere compiti e informazioni da troppe persone, in tempi casuali e attraverso canali comunicativi differenti porta a un’impossibilità di gestione delle consegne da parte degli alunne e delle alunne. La conseguenza è molta frustrazione e successivo allontanamento.

    Questa modalità di gestione unitaria si concretizza esclusivamente per le classi dei minori: i coordinatori insieme alle educatrici del progetto Provaci ancora Sam!,[1] hanno costituito una chat di classe. La gestione è totalmente in capo a loro e i docenti delle altre discipline si confrontano con i coordinatori per preparare il materiale. L’invio dei documenti, le risposte e la gestione della chat (o di altre forme di comunicazione), così come il rapporto con la classe è totalmente in capo ai coordinatori. Lo schema funziona e la chat si rivela uno strumento immediato che tutti riescono a usare.

    In un CPIA bisogna organizzare la didattica tenendo conto che quasi tutti (minori e adulti) hanno a disposizione solo uno smartphone, e indubbiamente il dispositivo (piccolo) e l’impossibilità di stampare documenti costringe a pensare alla fruibilità del materiale. E questo aspetto condiziona fortemente la progettazione degli elaborati.

    I coordinatori delle classi minori mandano un documento intorno al quale organizzo il materiale da produrre per le lezioni di tecnologia. Questo modello organizzativo ha semplificato e chiarito i compiti di ognuno di noi, e finalmente mi programmo il lavoro con serenità.

     

    Tolta l’ottima soluzione trovata per i minori, mi rimane da capire come organizzare il materiale per le altre 10 classi in cui devo intervenire. In questa settimana mi sono concentrata sui corsi F e PF (alta scolarità), mentre ho rimandato a una successiva riflessione la preparazione del materiale per gli E ed Eb (bassa scolarità).

    Visto che la scuola non è dotata di una piattaforma per la didattica on-line mi sono uniformata alla maggioranza dei colleghi e ho aperto un account padlet. In effetti è il dispositivo più semplice per chi è privo di mail. E sono moltissime, soprattutto donne che non hanno un indirizzo mail personale.

    Per questa prima settimana, decido di limitarmi a una comunicazione unidirezionale: io mando o carico il materiale e loro lo leggono; la prossima settimana studierò come fare un passo in più in modo che anche loro interagiscano con me e restituiscano quanto hanno letto e studiato.

     

    Dal momento che a livello di scuola non è stato possibile cambiare sguardo per allinearci a un modello efficace di gestione delle classi, come quello usato per i minori, mi continuo a chiedere quale senso dare alle lezioni e al materiale sul padlet. Non è sufficiente qualche link, una lezione ben impaginata e una spiegazione scritta del materiale messo a disposizione. La didattica sincrona attraverso piattaforme come la G-Suite o Ed Modo non sono proponibili nel nostro contesto, e così decido di aprire un canale youtube. In questo modo gli studenti possono vedermi, e anche se la comunicazione è unidirezionale posso salutarli e spiegare loro come ho organizzato il materiale e cosa devono fare.

    Faccio dei video-tutorial, da inviare via chat o via mail, per insegnare loro a usare il padlet e il google form, strumento utilissimo per non dover entrare nel ginepraio delle “foto dei compiti” da inviare e restituire. Spedisco i video ai coordinatori che li divulgano nelle classi e tutto il materiale viene anche caricato nei rispettivi padlet di classe.

    È in questo momento che mi accorgo che le stesse istruzioni date nella chat di classe o in chat personali hanno risultati diversi. Le stesse persone che non capiscono le istruzioni date nella chat di classe, le comprendono (anche se le riporto identiche) se vengono mandate attraverso un messaggio privato indirizzato solo a loro; è chiaro che le persone più fragili hanno bisogno del rapporto uno a uno e si perdono nel gruppo.

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    Mi rendo conto da genitore quanto è difficile gestire la frammentazione: i compiti arrivano in modo confuso, via chat, via rappresentante di classe, via mail, via registro elettronico; insisto con i miei colleghi sul bisogno di uniformarsi perché gli studenti fanno fatica a orientarsi e rischiamo che si allontanino. Con difficoltà (molte!) riusciamo (quasi tutti) a uniformarci negli strumenti da usare e prepariamo i padlet per ogni classe con tutte le materie.

    Nel frattempo sono scattate misure più restrittive. L’ilarità delle scorse settimane continua, si susseguono video divertenti e sarcastici nelle chat e nei social, in fondo, tutti siamo abbastanza fiduciosi che tra poco le restrizioni finiranno.

    Smart working is not working smart, diventa il mio motto. Ci si rende conto che lavorare da casa in questa situazione è difficile e anche la didattica on-line perde un po’ del suo fascino. La vita è rallentata, ma è compressa, e il tempo dilatato.

    In queste due settimane abbiamo scoperto che: non esistono i nativi digitali (io non ci avevo mai creduto!!), che si diventa prof tecnologici più velocemente di quanto si immaginasse, ma che essere bravi nella didattica on-line è tutta un’altra storia.

     

     

    [1] Progetto di contrasto alla dispersione scolastica promosso da Servizi Educativi e Servizi Sociali della Città di Torino, Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, Compagnia di San Paolo, Ufficio Pio e Fondazione per la Scuola che collaborano con una rete territoriale di organizzazioni con finalità sociali ed educative per creare sinergie significative tra scuole, servizi e territorio. (link: http://www.provaciancorasam.it)

     

    daniele

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